SUI FERMENTI IN MARECHAL
Di fronte alle opere di Jacki Maréchal può anche venire di pensare alle poesie del francese Francis Ponge, in specie all’opera che va sotto il titolo de “Il garofano”, forse proprio per quella espressione rarefatta fino all’astrazione comune ai due autori e che diviene poi, in ambedue, una spiccata lezione di stile. Per altro, questa di Maréchal è una pittura affinata da una continua ricerca espressiva, che rivela un preciso atteggiamento nei confronti del mondo circostante e che si concretizza in una vera e propria scalatura di ordine gerarchico fra le varie forme riprodotte sulla tela: in essa gli spazi geometricizzanti riprodotti con il solo uso del colore corposo tendono a delineare le situazioni principali, lo stimolo centrale, per poi articolarsi fra loro e relazionarsi con le altre parti rappresentate. La partecipazione emotiva dell’autore è rivelata da quel tanto di tattile che compare - insistente - sulla superficie di lavoro, nonché in quei passaggi incisi e graffiati nella pasta pittorica che confessano a loro volta l’uso e la presenza non solo di un linguaggio grafico, ma anche di una vera e propria scrittura: quest’ultima, poi, altro non è se non l’identificazione di un linguaggio espressivo personale, come frutto di una pianificata ricerca linguistico-espressiva. Eppure, in Jacki Maréchal pur in presenza di una programmata ricerca, ci troviamo di fronte ad una pittura che bene interpreta la libera creatività dell’autore, continuamente attingendo da un lato ad una composizione pittorica intellettuale e controllata, capace di catalizzare la propria creatività, dall’altro volgendosi ad una espressività aperta, di pronta presa sull’osservatore, in questo senso - e raramente riscontrabile in altri autori - sinceramente popolare.
Federico Napoli
Firenze, luglio 2006